“L’Eptaneso Ionio agli inizi dell’Ottocento: nuove prospettive di studio e di ricerca” – Rosa Maria Delli Quadri – Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”

Affrontare temi che hanno caratterizzato l’età napoleonica e il passaggio dall’ancien régime alla contemporaneità dalla prospettiva dell’Eptaneso Ionio, formato dalle sette isole di Corfù, Cefalonia, Zante, Itaca, Santa Maura, Cerigo e Paxò, ha significato legare gli eventi dell’Europa postrivoluzionaria agli sviluppi della Questione d’Oriente, da un lato ri-conferendo al piccolo arcipelago una posizione di rilievo all’interno del Mediterraneo e, dall’altro, restituendo a quest’ultimo la sua centralità nella ridefinizione della geopolitica europea. Un punto di vista, quello de Il Mediterraneo delle Costituzioni. Dalla Repubblica delle Sette Isole Unite agli Stati Uniti delle Isole Ionie 1800-1817 (FrancoAngeli, Milano, 2017), che ha consentito a chi scrive di focalizzare l’attenzione su uno spazio, crocevia di interessi contrapposti, intorno al quale dal 1800 – quando nasce la Repubblica delle Sette Isole Unite – al 1815 – quando sotto il protettorato britannico viene trasformata in Stati Uniti delle Isole Ionie – per circa un ventennio gravitano tutte le Potenze euromediterranee.

Un “pomo della discordia” che grazie alla Costituzione del 1803 rappresenta il primo nucleo di formazione di uno stato autonomo anche se posto sotto la protezione russo-ottomana, essenzialmente il primo Stato greco e il primo laboratorio costituzionale non solo dell’area levantina, ma di tutto il Mediterraneo di primo Ottocento. Uno Stato che dopo il Congresso di Vienna entra nel “regime” britannico grazie alla politica del primo alto commissario Thomas Maitland, il quale pensa, progetta e plasma una nuova Carta che concentra i suoi principi, priorità e intenzioni in sette capitoli, ponendo tutti i poteri nelle mani del governo britannico e del suo alto funzionario. Così il governo Ionio, con un evidente passo indietro rispetto al documento del 1803 di stampo illuminista che lo aveva reso un modello liberale, è costretto ad accettare la Costituzione “farsa” del 1817 che con sfacciata evidenza negava le libertà rimuovendo la dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino.

Una vicenda, questa, che può suggerire di riflettere prima di tutto su come essa abbia influenzato il dibattito politico inglese, soprattutto se messa in relazione con l’assenza di una Costituzione scritta in Gran Bretagna. Invita, subito dopo, a cercare tracce di sopravvivenza di un Illuminismo che dopo il 1817 sembra tramontare lasciando il posto a un costituzionalismo ottocentesco che altro non sarebbe che la riproposizione dell’antico regime in forme affatto nuove, compiuta con un’operazione di mistificazione del costituzionalismo stesso, all’interno del quale il significato delle parole libertà, nazione, costituzione, felicità non trova poi corrispondenza nella realtà. Tutta la politica di Maitland gioca, infatti, in modo impeccabile con la dimensione polisemica, alterando la verità con astuzia e sottigliezza di argomentazioni, al fine di operare un controllo totale “regolato” da una Costituzione. Un documento che, in questo caso, non garantisce nulla e dietro il quale si cela, per niente velatamente, una politica di interessi spacciata per politica di valori, che lascia spazio a una riflessione proprio sul mancato passaggio dall’antico regime alla contemporaneità.

Nuovi percorsi di studio possono andare nella direzione della collocazione degli eventi precedenti al 1815 su scala transnazionale, al fine di definire ancor meglio il ruolo del Mediterraneo come “laboratorio” costituzionale, e in quella dell’analisi delle convergenze tra le vicende delle diverse aree euromediterranee in cui le aspirazioni nazionali si incrociano con le relazioni internazionali. Una delle possibili strade da seguire, che può far riferimento a una larga corrente storiografica interessata ai piccoli Stati e alle Repubbliche, è quella della ricostruzione della genesi dei risorgimenti nell’Europa meridionale, un ambito all’interno del quale il modello liberale Ionio offre ulteriori spunti, decentralizzando la visione dominante atenocentrica della storia dello Stato greco che, invece, fissa al 1821 l’inizio della sua formazione.